COME UN GIARDINO PUO' CAMBIARTI LA VITA - intervista/confronto di Mario Allodi con Judith Wade (Giardini Italiani)

  1. A chi non conosce i giardini italiani, consigli i tre che secondo lei sono i piu’ belli e interessanti e perche’.

In Italia la cultura del giardino è molto antica; fin dai Boschi Sacri dei primitivi italici si è sempre cercato di intermediare il mondo esterno attraverso il giardino. Quindi il giardino è uno spazio di vera e propria intermediazione fra casa e paesaggio (mondo esterno in origine). Il periodo più interessante della cultura del giardino in Italia è legato allo spazio verde formale e suggerirei di visitare tre casi apparentemente simili ma molto diversi fra loro. Villa Cicogna Mozzoni a Bisuschio (VA) rappresenta un caso di giardino rinascimentale lombardo che contiene tutti gli elementi propri del giardino all’italiana: elementi in grande equilibrio, spazio quadripartito e con proporzioni armoniche, relazione stringente fra casa-giardino e paesaggio. Il secondo caso potrebbe essere Villa Lante a Bagnaia (VT); prototipo del giardino formale, realizzato e impostato su un asse su cui sono posti tutti gli spazi, stanze con forte identità e caratterizzate da fontane, catene d’acqua, ecc. L’acqua è l’elemento che cuce tutte le parti dello spazio verde: dalla fontana del diluvio alla fontana dei Mori dove l’elemento da dinamico diviene statico.

Il terzo caso ancora diverso è a Stra (VE) giardino d’impianto formale ma che contiene un gioiello mai abbastanza conosciuto : un labirinto in bosso (buxus sempervirens) dove è fondamentale perdersi per poi ritrovarsi

  1. Chi secondo lei ha meglio rappresentato i giardini italiani nell’arte. La domanda è particolarmente complessa e mi sentirei di sostenere che le arti hanno rappresentato il giardino. Dalla terza giornata del “Decamerone” di Boccaccio dove è presente una descrizione minuziosa di un giardino medievale, probabilmente quello di Villa Palmieri a Firenze all’Annunciazione di Pinturicchio dove la relazione fra casa-giardino e paesaggio è chiara e dove tutti gli elementi sono legati e dialogano fra loro. Non dimenticherei molti dipinti di Piero della Francesca dove il protagonista vero è il paesaggio oppure molti pittori minori lombardi che hanno dipinto molte dimore e casa nobiliari con giardini di una bellezza straordinaria (Villa Melzi a Bellagio, villa Carlotta  a Cadenabbia,ecc.). In ultimo l’arte cinematografica. Interessante fra i film “molto rumore per nulla” del 1993 ambientato nella tenuta di vigna maggio dove è presente un bellissimo giardino formale.
  1. Perché gli inglesi sono cosi’ appassionati ai loro giardini, sia quelli pubblici che quelli privati, e gli italiani sembrano invece piu’ indifferenti?

Anche questa è una domanda complessa. Gli italiani amano essere pionieri e poi non approfondiscono la scoperta. Il giardino formale è stato esportato ovunque e per molto tempo è divenuto un modello e noi non siamo in grado di coglierne culturalmente il valore. Per apprezzare i giardini bisogna avere gli strumenti di decodifica dell’opera d’arte, saperli leggere, e questo significa fornirne gli strumenti di lettura. Il giardino è un’opera complessa a partire dalla struttura, dai cambi cromatici, dai pieni (gli alberi) e dai vuoti (prati, percorsi,laghetti,ecc) e quindi necessita un approfondimento che probabilmente non interessa. Più in generale in Italia si sottovaluta il grande patrimonio culturale che si possiede. Probabilmente è anche presente una forte connotazione culturale nei confronti della natura. In fondo gli inglesi tagliano i prati dei loro giardini per ragioni estetiche legate alla grande cultura del giardino paesistico (all’inglese) in Italia, i prati si tagliano con una logica più agricola.Anche sul valore delle piante nei giardini l’approccio è molto diverso. In Italia non ci si cura di scegliere fin dall’origine una specie vegetale corretta per il luogo in cui metterla a dimora, poi, se sarà necessario la  si poterà (e qui torna il retaggio del giardino formale dov’è presente l’ars topiaria). In Gran Bretagna è dal Settecento con Charles Bridgeman che le piante vengono considerate per il loro potenziale decorativo “naturale”.